Ieri, domenica 5 aprile, si e' svolto un seminario organizzato dall'Associazione L'Atrio dei Gentili (vedi sito) presso la casa natale di don Alberione, il fondatore dei Paolini, una cascina ristrutturata immersa nel verde del pianoro tra Fossano, Marene e Cervere, nel Cuneese.
Il titolo citava: L'economia e l'etica di fronte alla crisi quali capacita' di futuro?
I relatori invitati erano docenti di economia: prof. Antonio Abate presso il Politecnico di Torino e prof. Roberto Burlando della facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Torino.
Se il prof. Abate ha descritto il come la crisi e' avvenuta, i mutui "sub-prime", i tentativi di ridurre il rischio fornito dalle cartolarizzazioni in mutui compositi, fino all'esplodere della crisi stessa con le conseguenze sulle banche e poi sui mercati che conosciamo, il prof. Burlando ha delineato la natura strutturale della crisi, dove si e' collocata e che sbocchi puo' avere.
Non e' possibile ripercorre nel dettaglio la profondita' e l'ampiezza dei temi trattati, renderemo disponibili i materiali nel sito dell'Associazione. Ripercorro alcuni passaggi che mi hanno colpito.
Entrambi i relatori riconoscevano che era piuttosto evidente che il sistema non poteva reggere, la domanda era quando e a causa di quale fattore scatenante, ma fino a poco prima chi cercava di dirlo in pubblico era ignorato.
Alla radice il governo USA di Bush in guerra ed oberati da un deficit immenso ed aveva bisogno ad ogni costo di mantenere il consenso interno, per cui favori' un piano casa che permetteva di accedere a mutui bancari oltre il limite dell'assurdita' che finanziavano piu' del 100% di un bene, di fatto senza alcuna garanzia. Il rischio di insolvibilita' era altissimo e spinse nella ricerca degli stumenti finanziari "innovativi" per inscatolare e scaricare tale rischio su altri soggetti. Finche' il mercato della casa continuo' a salire ed anche gli stipendi, il sistema sembrava reggere, ma quando le condizioni cambiarono il detonatore era innescato provocando la spirale di sfiducia verso gli istituti bancari, il blocco del credito e le ripercussioni sull'economia reale, sul mondo del lavoro e sulla vita delle persone.
Un brusco risveglio da una ubriacatura che apparentemente faceva comodo a tanti: in primis gli acquirenti, le banche, il governo USA ed anche ai creditori del debito americano in Europa e nel resto del mondo. Una volta pero' innescata la crisi le soluzioni non sono ne' semplici, ne' efficaci nel breve.
Il prof. Burlando ha esteso l'analisi al contesto precedente, descrotto nelle seguenti fasi:
- 1945-70 fase di redistribuzione della ricchezza
- 1971-80 crisi del dollaro seguita da crisi petrolifera e stagflazione
- 1981-08 finaziarizzazione e ultra-liberismo
- 2008-?? crisi attuale
Se gli anni 1970 si sono vissute altre crisi a partire dagli anni 1980 l'economia si e' spostata su soluzioni ultra-liberiste, quasi ideologiche, senza seri legami con le teorie economiche. La politica ed i cambiamenti illudevano che senza regole il mercato potesse da solo autoregolarsi, il che non e' corretto in nessuna teoria, spinto da una finanza che attraeva e moltiplicava capitali con redditi elevatissimi, di fatto una grande distorisione che passo a passo ci ha portato a questa crisi.
E' necessario un ritorno alla ragione a delle regole necessarie a permettere delle distinzioni che per troppo tempo sono state ignorate. Il relatore ricordava che esistono beni privati, ma anche beni non privati, quali quelli personali e relazionali o quelli alla base della democrazia. Ad esempio l'informazione e' necessaria al mercato, non puo' essere solo considerata una merce, pena un rischio per l'economia ed in generale la democrazia. Detto in Italia dove 5 gruppi controllano oltre l'80% dell'informazione. Esistono attivita' che se privatizzate, quali la sanita' o l'istruzione non possono che perseguendo una logica del profitto possano permettere l'eccellenza a pochi, a scapito di un abbassamento medio della qualita'. Anche questi rischi seri della democrazia.
Non esistono soluzioni semplici, e' stato citato brevemente il rapporto Stern, ma i cambiamenti dovrebbero essere piu' radicali da riorientare l'economia con un approccio non riduzionista, ma sistemico.
Il pomeriggio e' stato dedicato al dibattito delle domande del pubblico tra cui i rischi di conflitti futuri, la difficolta' di percorrere vie diverse, ma significative. Il punto di vista di chi lavora in un'istituto bancario con una visione dall'interno e i paragoni tra la realta' di mercato italiana molto diversa dal mondo statunitense.
Una domenica interessante, per pensare ai grandi problemi che ci coinvolgono, forse da trasformare in un appuntamento periodico.
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13 years ago
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