Tuesday, January 1, 2013

In preparazione al convegno sul Concilio

In questi giorni di vacanza ho avuto modo di leggere alcuni libri sul Concilio Vaticano II, lo scopo e' di prepararsi al Convegno che l'11/12 gennaio si terrà a Fossano dal titolo "Si è fatto giorno dall'aurore del Concilio al Tempo che viene", tra i relatori padre Elmar Salmann osb, teologo benedettino dell'abazia di Gerleve e docente presso il Pontificio Ateneo S.Anselmo e l'Università Gregoriana.


Del primo libro letto ho già detto, si tratta del libro di Adriana Valeri: Madri del Concilio, Ventitrè donne al Vaticano II (ed. Carocci), resoconto vivace dell'invito a 23 donne, religiose e laiche, di partecipare come uditrici alla III e IV sessione del Concilio Vaticano II. Il libro lasciava l'impressa la novità del concilio e le tante speranze di cambiamento possibili e molte di esse messe in opera, anche nei confronti della figura della donna.

Il secondo volume è un gioiello per densità e chiarezza, è di Giuseppe Ruggieri, Ritrovare il concilio (ed. Einaudi). La domanda di fondo è cosa ha da dirci un evento di cinquant'anni fa per il futuro? E perché tanti vogliono rimuoverlo? L'autore con maestria ripercorre i temi principali, l'evento, la parola di Dio, la storia, la chiesa e gli altri. Il quadro che ne emerge rende evidente quanto siamo figli di quell'evento. Quanto di quello che viviamo nella vita della Chiesa e nelle nostre vite dipenda direttamente dalle riflessioni e dalle innovazioni di allora. Resta amaro il pensare all'oblio in verso cui il Concilio in occasione del 50^ dall'apertura sia finito segno concreto di una sconnessione presente nella vita della Chiesa di Roma anche e soprattutto nei confronti di se stessa.

Ultimo è la Breve storia del Concilio Vaticano II di Giuseppe Alberigo (ed. Il Mulino) che negli ultimi anni prima della morte avvenuta nel 2007 ha voluto rendere accessibile l'immenso lavoro di storico del Concilio a tutti, soprattutto alle nuove generazioni, che di quell'evento non hanno memoria. Ecco un itinerario che permette di riprecorrere le attese e le speranze a seguito dell'annuncio di Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, al tortuoso cammino di preparazione fino all'apertura l'11 ottobre 1962. Poi, le quattro tappe di speranze, miste ad inquietudini circa gli esiti, le discussioni, i momenti buii fino alla conclusione l'8 dicembre 1965 ad opera di Paolo VI. Dalla profonda conoscenza storica emergono i nodi discussi, le attese mancate, le mediazioni, gli sconcerti e le grandi realizzazioni, messe in essere nelle quattro grandi costituzioni: Sacrosanctum Concilum sulla liturgia, Lumen Gentium sulla chiesa, Dei Verbum sulla Parola di Dio e Gaudium et Spes sul rapporto della Chiesa con il mondo.

Mi ha stupito rendermi conto che le prime S.Messe a cui ho assistito da bambino erano le prime prove della liturgia rinnovata in lingua italiana e per me, viste con gli occhi di bambino, sembravano li' da sempre, ma cosi' non era, bensi' il dispiegarsi di una grande novità per i miei genitori e i miei nonni. Per noi il mondo della fede che abbiamo conosciuto sarebbe inconcepibile senza le novità portate dal Concilio.

Vi invito, se potete a leggerli e in mancanza di tempo potete concentrarvi sul secondo e aggiungere poi il terzo ed il primo. In seguito, immagino, verrà anche a voi voglia di prendere in mano il volume marrone, rilegato, dell'Enchiridion Vaticanum e leggere di prima mano i documenti ufficiali per ripercorrere personalmente le novità, aiutati dalle parole degli autori nominati.

Wednesday, August 11, 2010

Ground Zero 2010

Siamo in tre questa mattina, ultimo giorno prima del ritorno a casa. Siamo Davide, Enrico ed io, la meta delle ultime ore a New York è Lower Manhattan nei pressi di Ground Zero, staremo là un po', faremo qualche foto e poi ci divideremo. Loro per un giro in bici sul ponte di Brooklyn, io per visitare il Memorial 9/11 e per ricordare quel 11 settembre di nove anni fa.


Arrivati in metropolitana, scattiamo alcune foto. Il grande isolato, lo squarcio lasciato dall'attentato, è un cantiere con gru, operai e camion che entrano ed escono. L'altezza è quella del suolo, solo le fondamenta sono terminate e poco più. Un edificio che poi scoprirò essere il basamento del futuro grattacielo One World Trade Center (o Freedom Tower). Noi facciamo un giro da Vesey Street dove al numero 20 ha sede il Preview Site, un ufficio dove si vede il plastico del futuro quartiere, i progetti, soprattutto del Memorial&Musem, una fontana rettangolare cche scende a cascata su un lago sottostante, sul parapetto di marmo i nomi delle quasi 3000 vittime degli attentati dell'11 settembre (a NY, Washington e Shanksville PA per la caduta del UA-93).



Proseguiamo per Church Street per fermarci in un negozio e poi pranzare da TGI Friday, quindi ci separiamo. Io ritorno verso Liberty Street dove sede il Tribute WTC Center Site. Qui si acquista il biglietto per un tour con audioguida e poi una mostra che visiterò dopo. Prendo le cuffie dopo una coppia americana, ma presto ci separiamo e perdiamo durante il percorso. Subito dopo il Center, sempre in Liberty, ha sede una stazione dei pompieri con i camion rossi cromati, all'angolo si svolta in Greenwich Street, dove è presente una lapide con le foto dei 350 pompieri morti durante il crollo delle torri, coloro che erano troppo in alto e i tanti che al comandi di uscire si sono rifiutati di obbedire ed hanno proseguito. Di fianco un bassorilievo in rame con le torri ed i pompieri.



Proseguo e svolto in Albany Street costeggiando il cantiere, la voce della guida descrive via via i concitati momenti di quella giornata, raccontati da protagonisti, poi pause per raggiungere un altro punto ove proseguire con l'ascolto. Raggiunta la West Side Highway si sale su una scala per raggiungere un corridoio sopraelevato e di lì si inizia a vedere il cantiere, ma il racconto parla delle torri, di dove erano posizionate, la Torre Sud e la Torre Nord ora scomparse. Io le avevo visitate nel 1993, mia prima visita negli USA, ricordo l'ascensore che toglieva il fiato per portarti al novantottesimo piano e la vista incredibilie verso il basso e verso l'altra torre.



Il bianco corridoio conduce all'ingresso dell'edificio WTC 1 rimasto molto danneggiato dal crollo delle torri, ma riaperto dopo pochi anni. I resoconti dei protagonisti sono commoventi, raccontano di persone scappate o richiamate di corsa per andare a soccorrere. Passata la porta di WTC 1 si giunge ad una sala ottagonale con una strana scala circolare in mezzo, tutto marmo lucidissimo. Per guardare dalle finestre più agevolmente delle panche di marmo verde, io mi siedo guardo le gru e gli operai di fronte a me. E' il turno della voce narrante che accompagna il tour, lui è un pompiere in pensione, era a casa quella mattina e ricevette una chiamata concitata dal figlio, pompiere in servizio, che lo invitava ad accedere subito la televisione e termina che quella fu l'ultima volta che sentì la voce del figlio. Le lacrime mi hanno rigato il volto e sono rimasto a lungo a guardare l'enorme cantiere e ripensare al cielo azzurrissimo di quella mattina di settembre.



Proseguendo si passava poi all'edificio adiacente WTC 2 e di lì ad un immenso atrio interno il Winter Garden, tutto in marmo con colonne altissime e palme all'interno. L'enorme vetrata era esplosa dall'onda d'urto provocata dal crollo, poi ricostruita. Anche qui un'ampia vetrata verso il cantiere. E poi quel bambino la cui madre e padre sfuggiti al crollo ma bloccati nel Lower Manhattan per poter essere evacuati in battello, lui che è rimato solo ad attendere i genitori all'uscita dalla scuola, poi aiutato dagli insegnati fino all'arrivo del nonno e la certezza di essere rimasto orfano. Invece no, i genitori sono arrivati dopo quattro ore, incolumi. E tanti altri frammenti di vite spezzate o salvate dal destino, da dove ti trovavi in quell'istante. Il racconto di un pompiere all'esterno dell'edificio quando ha visto crollare la torre ed è stato investito dalla densa nube che toglieva il fiato ed essere rimasto tramortito fino a quando qualcuno l'ha strattonato e trascinato via.


Ascolto guardando ora l'interno del Winter Garden a lato di una scala a cerchi concentrici che sale verso il piano rialzato dove sono io, vedo una ragazza che taglia l'atrio, ha un tailleur nero, capelli neri lunghi e lucenti che ondeggiano mentre sale veloce la lunga gradinata, ha in mano un sacchetto di carta, immagino il pranzo, nell'altra una borsa da ufficio; salendo tiene la bocca lievemente aperta, poco dopo mi passa di fianco spedita, con tacchi a spillo ondeggiando in avanti con eleganza. Penso a quante persone come lei, sono andate un mattino in ufficio per non tornare più a casa, oltre 2600 nel crollo di queste torri..


Ritorno sui miei passi ascoltando i racconti del dopo, di chi ha atteso invano per tutta la notte dell'11 e poi convincersi che i propri cari non sarebbero più tornati. Quelle 1600 persone sono state identificate finora, scomparse in un boato durato meno di dieci secondi. Dei funerali senza bara e di quelli con la bara praticamente vuota. Ripenso al silenzio della nube che ha offuscato il cielo per chilometri, al fuoco che è bruciato per settimane, all'acre odore di disinfettante misto alle polveri, alla rimozione penosa della macerie, alla ricerca di frammenti, anche solo frammenti di vite spezzate. Io vidi Ground Zero se non ricordo male nell'estate del 2002 o forse 2003. Gli edifici rimasti sembravano bombardati come a Beirut, come a Kabul e Baghdad oggi.

La voce ora parla dell'associazione che ha promosso l'idea di ricordare le vittime creando il Memorial che verrà inaugurato il prossimo anno. Questa visita fa parte delle loro attività.

In ultimo ho visitato la mostra con alcune teche (un oblo deformato, una trave di acciaio, pochi altri oggetti impolverati, poi migliaia di fotografie, le piastrelle, i disegni dei bambini, la possibilità di condividere un pensiero.

Sì, è tempo di ricordare, di ritornare su quel 9/11 e continuare a cercare di capire. Io ho già letto il Rapporto ufficiale ed ora ho comprato un paio di altri libri per leggerli nel corso del prossimo anno.

La memoria deve restare.

Tuesday, July 6, 2010

Vigilia


Il naso mi colava (polvere? polline?) e faceva caldo nel soppalco della camera che ospitava me e la mia famiglia al monastero Dominus Tecum di Prà 'd Mill. Guardo l'ora, sono quasi le quattro, allora scendo, mi rivesto, esco e scendo in Chiesa. La notte è quieta e serena, tutto sembra tacere, anche i cani dormono nel prato, ma la percezione è di una vita incessante anche sotto il chiarore delle stelle.

La chiesa è buia, solo due candele e il chiarore dei monaci fermi in attesa. Uno ad uno entrano e si fermano un momento davanti alla parete di nuda pietra e al grande crocefisso di legno scavato, poi prendono posto nel coro.

Siamo al completo, si accendono le luci nel solo coro, io mi sposto in prima fila dietro le loro schiene. Inizia la Vigilia. L'invitatorio, poi il I Notturno (Sal 21-25) il brano dell'Esodo della Pesach, delle moltitudini che partono, dei pani azimi e della ripetizione che solo i circoncisi possono partecipare e mangiarne. Prima mi sembra strano, poi penso che anche per noi solo i battezzati possono mangiare il pane e bere al calice. Per loro un segno nella carne, per noi una rigenerazione dallo Spirito.

II Notturno (Sal 26-31), ora un'omelia di Sant'Agostino con metafora della mietitura sulle distinzioni tra ebrei, apostoli e credenti. Paolo. Poi l'antifona, l'inno. La luce inizia filtrare dalle vetrate e dal basso campanile vetrato. Il Vangelo, l'invio dei settantadue discepoli, i calzari, il fango, ora le polveri sottili. Il Te Deum con le note basse e profonde del medioevo gregoriano. Le invocazioni.

Lascio i monaci che spenta la luce si spargono per la chiesa per trascorrere del tempo a meditare. Io torno in camera per guadagnare ancora un paio d'ore del mattino al sonno e penso al valore di luoghi come questo, del loro antico respiro che tiene un lume acceso nelle nostre vite complicate, che ridona un tempo al nostro tempo. Grazie Signore, grazie fratelli e amici.

Paolo (04.07.2010)

Monday, June 14, 2010

CATS - Dietro le Quinte


Riprendo le note con il resoconto di uno spettacolo per bambini di una scuole dell'Infanzia di Fossano, Italy.


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Lunedì 7 giugno abbiamo vissuto un giorno di passione, di strizza e di felicità. L'agitazione non era proporzionata all'evento: spettacolo per i nostri figli, per quel centinaio di loro compagni alla scuola dell'infanzia e per una folla di genitori, nonni ed affini.


Lo spettacolo però era complesso, una riduzione del musical Cats. Eravamo una famiglia di una ventina di gatti scatenati nel ballare, cantare e fare scherzi. Il tempo ci ha fatti penare, per ben quattro volte in due giorni si è smontato e rimontato l'impianto di amplificazione per spostarci da un cortile ad un salone e viceversa.


Io, a dire il vero, mi sentivo particolarmente coinvolto. Mia la proposta di questo spettacolo a genitori piuttosto perplessi fatta a gennaio. Mio il lavoro di ricucire e rifinire la sceneggiatura composta da contributi di vari genitori. Mia la scelta di restare il più possibile aderenti alla versione originale prendendo musiche, movimenti, parole e sincronismi. Per noi impacciati, scoordinati e stonati. Agli occhi di tutti sembrava un'impresa impossibile, lo era anche per me, ma non doveva trasparire. Non potevo cedere, non lo volevo e non so bene perché. Che cosa mi abbia affascinato quell'unica volta che lo vidi e poi le innumerevoli volte che ho rivisto il DVD.


I tempi erano stretti, decisione a fine gennaio, sceneggiatura pronta a inizio marzo, soli tre mesi per provare e giungere lunedì scorso alla prima (e forse unica edizione). Ormai lo sapevo, le prove fino all’ultimo sarebbero state un disastro, ma fondamentali per permetterne la riuscita. Nessuno ricordava le battute, neanche io. Però fin da subito una luce si è accesa negli occhi di coloro che cammin facendo si sono aggregati. Tutti avevano accettato la sfida.


Poi i costumi, bravissima Stefania, partendo da tute bianche alla RIS di Parma, dipinte a bomboletta fino a diventare felinamente e variatamente maculate, poi gli accessori: orecchie, cambaletti, code, nasi da topo e corpetti da scarafaggio.


E il faticoso taglia e cuci di parole, gesti e musiche, quasi un incubo. Qui l'artefice massimo è stato Enrico che ha fatto miracoli per far combaciare i tempi delle musiche bellissime di Broadway alla nostra recitazione incerta e zoppicante. Anche la trasmissione Amici ci ha aiutato, infatti avevano proposto una versione italiana della canzone Memory (Giulia Ottonello), cantata in inglese originariamente da Elaine Page e poi da Susan Boyle su YouTube.


Un monumento a Claudia che ci ha ospitato, settimana dopo settimana, nel piano superiore del suo capannone per spruzzare e provare. Costante la presenza della piccola Arianna ed il piccolo Alessandro di Simona che ci hanno accompagnato tra una poppata, un pianto ed un sonnellino, per tutte le prove. Temo subiranno dei traumi permanenti dopo questa avventura.
Venerdì e sabato erano trascorsi alla frenetica ricerca del mixer essendo in riparazione quello della Corte dei Folli. Infine domenica il ritrovo, finalmente a scuola, per montare la scena minimalista sul palco del Comune già pronto in cortile e poi duplicata nel salone essendo elevata la probabilità di pioggia per lunedì mattina. Cavi da collegare, microfoni da provare, e ancora le due ultime prove finali. La prima pessima, interrotta dalle mie urla di disappunto e di incitamento. La seconda senza interruzione nel salone indossando i costumi. Io mi ero arreso, che andasse come doveva andare. Di certo il Ballo Jellicles iniziale era migliorato costantemente, ormai tutti sapevamo quando avremmo dovuto cantare e come poi ballare in sincronia.
Stanchissimi, ma allegri nella cena in pizzeria a notte fonda in dodici più gli immancabili due pargoli. Ultimo in bocca al lupo, per una notte in cui il sonno non voleva arrivare, fino a sentire il ticchettio della pioggia e poi il canto degli uccelli mattutini. Una doccia bollente con occhiaie profonde e l'ansia di aver ormai varcato il nostro piccolo Rubicone.


Ho accompagnato mia figlia a scuola per attendere l'arrivo del primo gruppetto di gatti ed andare a fare una colazione di buon auspicio. Eccoci quindi all'ultima ora. Il cielo scuro e minaccioso che invitava a restare al chiuso, la spola dentro e fuori per leggere segni di miglioramento, il punto di non ritorno era a venti minuti dall'inizio della festa. Ad un certo punto vedo che le bidelle stanno portano fuori le panche ed i teli per far sedere i bambini. Ho chiesto loro e mi hanno diretto alle maestre, a loro la richiesta se si rendevano conto che la pioggia averebbe rovinato tutto non essendo possibile poi smontare e rimontare l'impianto acustico in poco tempo. Benché non convinto ho dato il via a portare tutto nuovamente fuori, mentre a turno venivamo truccati con cerone, baffi e capelli arruffati (eccoci qui, poco prima dello spettacolo).


Gli ultimi minuti sembrano eterni, gesti impazienti, sguardi persi, parole che scompaiono in un blank della memoria, sudore. Eravamo tutti ammassati dietro la scena ad attendere il discorso di accoglienza che non arriva mai, l'ingresso ordinato dei bambini con magliette coordinate con il colore della sezione e orme felpate sul dorso. Noi a sbirciare dal tendone la folla che creava un brusio di fondo ed individurare i nostri figli. Poi di colpo inizia la musica e la voce di Laura che recita il prologo, noi già pronti ad entrare ai lati del palco, con il cuore in gola e le mani sudate. Cambia musica e dei brevi fraseggi danno il via agli ingressi di tutti i gatti accucciati sparsi per la scena, io sono l'ultimo, dopo un tintinnio mi sollevo in piedi e grido la prima strofa. La macchina è partita e non si fermerà, nè amnesie, nè intoppi lo potranno fare.

È incredibile come dopo tanta attesa tutto avvenga in un attimo. Le scene inziate terminano in un lampo, chi entra in scena è già fuori a chiedere come è andata, la risposta è sempre la stessa: benissimo, i bimbi ridono ed i genitori applaudono. Le parole, i gesti, la musica, tutto scorre come un fiume. Via Genni Millepunti, poi Tiramolla, Mefistofele con le folate di fumo bianco e Gattatic/Gattotac, con Bombalurina, Etcetera, Exotica, Cassandra, Demetra, Jellylorum, Victoria, Shimbleshanks ed Munkstrap (io). Ci ritroviamo tutti insieme nei due intermezzi quando sono i bambini a cantare e sorridiamo felici, rileggiamo frenetici le prossime battute che non vogliono restare a mente.


Nella scena finale siamo tutti accucciati e Grizabella inizia a cantare Memory (in playback al microfono fuori scena è Cristina con l'aiuto di Rebecca). La canzone è bellissima e commovente, gli applausi scrosciano più volte, Victoria si alza e simula una danza per far tramontare la luna e sollevare il sole nascente prima del duetto finale. Bellissimo, poi le parole di Vecchio Matusa per eleggere Grizabella sua sostituta e l'ultimo accenno al ballo scatenato per uscire di scena. Rientro solo io per le parole finali, ripulite da moralismi e melensità, che cercano di concludere come TS Eliott. Risate dei bambini. È fatta!


Un fragoroso applauso meritato da tutti, anzi a noi basta la gioia di questo istante donato e ricevuto.


Paolo (07.06.2010)

Tuesday, May 19, 2009

Fiera del Libro di Torino e libri

Domenica visita alla Fiera del Libro di Torino, enorme come sempre, fiumane di persone, un vociare di fondo molto fastidioso, ma pile di libri ovunque, edizioni mai sentite dai rosacroce, alla cucina, all'arte, molte editrici per bambini.

In attesa di Lella Costa abbiamo aspettato nella Sala Azzurra una dotta lezione sulle eredità artistiche Egiziane nell'arte Rinascimentale, fino alla pubblicità dei giorni nostri, peccato non avessimo capito che serviva il biglietto per l'incontro successivo, motivi di sicurezza, per cui ci hanno cacciati per poi entrare dopo la coda, inosservati, e sederci in un angolo defilato.

Lella Costa, irrefrenabile, un fiume di parole e di umorismo, forse troppo fino ad intimorire la scrittrice catalana Alicia Giménez-Bartlett per presentare l'ultimo romanzo "Il Silenzio dei Chiostri", Sellerio. Noi non avevamo letto nulla, mentre la sala era ricolma di fans, soprattutto donne toccate dalle vicende della protagonista, ispettrice, Petra Delicado e poi le sue vicissitudini amorose e l'affetto per Fermin Garzòn con cui imperterriti si danno del lei, come abbiamo capito si usa in polizia tra persone di ranghi diversi.

Molte le domande del pubblico dove i maschi venivano infiorettati da Lella Costa, soprattutto quello che ha osato scendere in difesa di Sonia, collega che Petra non sopporta per nulla, Lella Costa ha augurato a chi faceva la domanda di sposare una come Sonia, risate.

Siamo usciti con il romanzo in mano, lo leggeremo quest'estate.

Venerdì mi è spiaciuto molto aver perso Marco Belpoliti parlare de Il Corpo del Capo, peccato. Nemmeno Eco, Orhan Pamuck e tantissimi altri scrittori accorsi a questa kermesse.

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Alla fiera ho comprato altro libro su Auschwitz, la riflessione sugli intellettuali di Jean Amery, nato a Vienna, ebreo, poi emigrato in Belgio e unitosi alla resistenza arrestato nel 1943 e torturato dalle SS per poi finire in vari campi di concentramento fino ad Auschwitz dove dice di aver vissuto nella stessa baracca di Primo Levi, da parte sua incerto su questa testimonianza.
Ora leggerò la tesi di Amery, criticata ad Levi negli anni '70.

Ho appena terminato di leggere un libro molto bello dell'autrice Françoise Carasso, "Primo Levi. La Scelta della Chiarezza.", Einaudi, PBE Mappe. L'autrice presenta soprattutto la scrittura di Levi, riconducendola alla sua vita, capace di cogliere sfumature e prospettive molto interessanti.

Il libro ripercorre la vita di Levi e ne scandaglia la genesi della scrittura, la gestazione di Se Questo è un Uomo, nello smarrimento del paventato ritorno a casa, alla vita, dal campo di sterminio. Il suo ruolo di testimone cresciuto negli anni. La scrittura del ritorno ne La Tregua, con una maggiore sicurezza nella propria scrittura. L'importanza del suo mestiere di chimico, il ruolo morale nel cercare la chiarezza, la semplicità per comunicare e quindi la critica verso lo scrivere oscuro teorizzato da altri scrittori. Le poesie (vedi al fondo) sgorgate per prime dal ritorno dal lager e addensatesi in due momenti storici, i primi anni dopo il ritorno e nei primi anni 1980, sempre vista con sospetto da Primo Levi, quasi come una necessità non capita, dalla parte del suo lato oscuro.

Poi il ruolo di intellettuale, gli innumerevoli incontri con i giovani per spiegare e rispondere, mi sembra di aver partecipato anch'io ad uno, ne sono quasi certo. Poi ancora il dolore del risorgere del negazionismo, della sensazione di non essere più capito, fino al suo secondo capolavoro per me, I Sommersi e I Salvati, in cui ritorna a distanza di quarant'anni per ragionare sulla vita nel campo di concentramento offrendo delle riflessioni di un rigore e di una profondità che colpiscono. Un lucido sguardo negli occhi di Medusa. Fino alla tragica fine avvenuta l'11 aprile 1987 nell’androne della casa in cui ha vissuto per tutta la vita.

Il libro di Carasso è importante anche per i paralleli e le tante citazioni di intellettuali, tra cui La Specie Umana di Antelme, L'universo Concentrazionario di Rousset e i molti scritti di Hanna Arendt sulla banalità del male ed il totalitarismo.

Non so perché Primo Levi tocca delle corde profonde dentro di me, forse perché di formazione scientifica, forse per la riflessione morale o forse perché anch'io temo che ciò che è successo, possa capitare ancora.

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Shemá [Ascolta]

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi, 10 gennaio 1946

Wednesday, May 6, 2009

Ritorno da Trento

Eccomi a scrivere post, sono rientrato da Trento giovedì sera scorso con le 4 ore di viaggio a ritroso. Impressionante la vista del fiume Po a Cremona che in tre giorni aveva raggiunto il limite dell'argine esondando nei campi adiacenti alla sponda destra.

Le tre giornate tridentine sono state molto intense, poco sonno, una dozzina di ore di docenza e di laboratorio e a seguire incontri con i ricercatori, dottorandi, post-doc del gruppo di Beppe. Per me una ventata di idee, nuove prospettive, spunti interessanti. Gli studenti del Master erano sei: due iraniani (Azad e Massoud), un indiano (Bashà), una ragazza che scopro essere peruviana, ma indistinguibile nell'accento (Silvana) ed infine due italiani (Stefan e Vincenza). Il tempo con loro è letteralmente volato, spero non si volatilizzino anche i contenuti del corso. A me è costato parecchio nell'aggiornare e completare le presentazioni, preparare gli esercizi e gli esempi. Non si nasce insegnanti.

Difficile come sempre la valutazione, ho cercato di usare una griglia per ogni argomento trattato, ma poi ho dovuto integrare tutte le valutazioni nei 5 minuti finali e mi sono stupito del risultato ottenuto.

Il venerdì era iniziato con il check-out e la necessità di spostare l'auto dal parcheggio all'aperto lungo Adige che dalle 8:30 ritornava ad orario. Avevo anche chiesto se i vigili avrebbero tollerato le prime due ore del mattino, anche se il segnale orario era stato impostato la sera precedente. Niente da fare i vigili urbani a Trento sono molto precisi e non tollerano inflessioni. Così entro le 8:30 mi stavo dirigendo verso il parcheggio, in realtà avrei voluto passare nel negozio Birkenstok, ultima chance. Passata la Chiesa di S.Maria Maggiore, svoltato in via Rosmini, incrocio la simpatica proprietaria del negozio ed insieme ci dirigiamo verso il suo negozio. Acquisto velocissimo ripetendo scongiuri al santo protettore degli automobilisti. Pago e immediatamente il cellulare trilla, un SMS, guardo stupito e ritrovo l'importo appena pagato segnalato dalla banca. Esco affrettandomi e pensando a quanto sia utile il servizio bancario che ti informa delle spese fatte, ma allo stesso tempo quanto esso possa essere generatore di ansia, non più spese con Carta di Credito che restano nel limbo per alcune settimane. Immediatamente il dito puntato alla nostra coscienza spendacciona.

Con questi pensieri attraverso il cavalcavia della ferrovia guardando di fronte la cascata ed il verde primaverile dei prati e boschi sopra Sardagna. Scendo finalmente al parcheggio, la mia macchina e solitaria nella sua fila. Nessun foglietto bianco sventola sul parabrezza. Sono salvo.

Dopo aver caricato le valige faccio ancora una breve sosta al negozio Il Pesciolino d'Oro, miniera di libri per bambini e giochi sfiziosissimi. Riparto e questa volta la meta è Povo, sede della facoltà di ingegneria informatica. Mentre mi fermo a semafori e rotonde osservati dagli implacabili vigili, penso a come sarebbe utile poter calcolare una densità di vigili per unità di superficie e poter confrontare una città con un'altra. Ad esempio a Torino i vigili sono rari, ma in gruppo, per cui creerebbero un picco in un punto e nulla in altre zone. A Trento, almeno in centro, i vigili sembrano uniformemente distribuiti ad ogni incrocio. Poi il modello potrebbe essere migliorato tenendo in conto delle variazioni di densità nel tempo. Insomma si potrebbe avere un modello predittivo per un rischio multa calcolato.

Fermo le elucubrazioni nel parcheggio con grande cantiere accanto, è sempre bello vedere un'università che invece di contrarsi si sta espandendo creando nuovi edifici. Per me la trasferta è quasi finita, un po’ mi spiace sarei rimasto ancora a parlare con i ricercatori e con gli studenti, ma non è possibile devo tornare alla mia vita quotidiana.

Ripartendo alle 16:30 penso, guardando la prima pagina di un quotidiano preso in albergo, alla polemica tra Veronica Lario e suo marito, come sia buffo o forse tragico che moglie e marito debbano parlarsi tramite le prime pagine dei quotidiani. Allora pensavo che l'avesse spuntata la moglie e Berlusconi da tipico maschio avesse acconsentito in quel modo ironico che a lui riesce così bene nel accettare la richiesta della moglie: niente veline in lista per il Pdl. Poi però leggendo i giornali al mio ritorno a casa ho capito che sono già in campo gli avvocati e dalla foto di Veronica e Silvio che guardano in due direzioni opposte si è passati a Silvio affranto con mano sul volto da esempio in prima pagina de La Stampa di oggi per l'articolo di Mario Calabresi.

Giovedì con quei pensieri per la testa ho acceso l'auto e sono ripartito lasciando la valle dell'Adige illuminata dal sole. Poi guidando con gli occhi verso la luce calante ad Ovest. Stavo tornando a casa ...

Tuesday, April 28, 2009

Pensieri Sparsi lungo l'Autostrada

Solo alle 3 e un quarto riesco a lasciare l'ufficio e a salire sulla Fiat Idea grigio scuro noleggiata alla Hertz a Fossano. Sono teso, mi aspettano 4 ore di guida almeno, sotto la pioggia battente di ieri pomeriggio.

La tangenziale di Torino scorre benche' la pioggia sia forte, nessun rallentamento, in meno di 30 minuti sono alla barriera di Santena verso la A21.

Di tanto in tanto guardo i campi alla mia destra, l'acqua affiora ovunque, non solo nei fradici campi arati, ma anche in polle tra il verde dei prati erbosi. I piccoli rigagnoli sono tracimati, ma non in modo violento, segnano come serpenti d'acqua il manto erboso verde.
Procedo sulle colline, passo Asti e poi Alessandria dove il Tanaro e' enorme, limaccioso e minaccioso.

E' la volta di Marengo, dove mi viene da pensare a cosa attragga ancora nelle imprese del Corso. Ho appena letto della sua tumulazione regale nel sarcofaco rosso agli Invalides, ben 19 anni dopo la morte a Sant'Elena. Stendhal sugli spalti per le molte persone che osservano questo evento e ripensa a cosa leghi la Francia al suo Imperatore, alle speranze in lui riposte. Io non sono mai stato a Waterloo con Fabrizio Del Dongo, solo a Borodino con il principe Andrej. Ho letto della sepoltura in un curioso volume comprato in autunno dal titolo "Cimiteri".

Per un momento l'asfalto non e' drenante e la strada si traforma in una piscina ove superare i camion e' come guadare un torrente in piena. Passiamo Tortona e poi il 45 Parallelo.

Nei pressi di Broni il cielo si oscura ulteriormente e l'acqua sembra essere gettata a secchiate, il tergicristallo e' al massimo, ma si vede poco, a destra un muro di TIR, poi un restringimento e le due corsie si riducono ai camion lungo il ciglio e la nostra corsia a fianco dei blocchi antiribaltamento.

Poi finalmente la pioggia rallenta un poco ed i camion osanto dei sorpassi millimetrici ed eterni. A Piacenza la pioggia si riduce ancora, guardo sempre con un po' di nostralgia la stazione ed i campi lungo il fiume. Ora la meta e' Brescia passando per Cremona, gli schermi pero' parlano di raffiche di vento e le si sente tutte.

Passiamo Caorso dove sulla sinistra svetta il cilindro di cemento della centrale ferma, penso a Berlusconi, a cos'altro si inventera' per essere all'altezza del suo se'. Non penso nulla possa colmare la sua ambizione, ne' ponti faraonici, ne' centrali, nemmeno sovvertire la Costituzione e gli ordinamenti, lui unico Padre di questa Patria di inizio XXI secolo. Io resto legato ai padri del XX secolo e di una politica ormai vecchia intollerabile per i piu', ma meno legata allo showbusiness.

Passiamo il Po che sembra un mare d'acqua marrone, forse non minaccia ancora gli argini, ma ne e' di poco sotto, alberi ed arbusti cresciuti sugli argini emergono dalle acque.

Ora penso a Brunetta visto venerdi' sera scorso all'Era Glaciale intervistato dalla Bignardi, se vi interessa cercare su YouTube. Il ministro a disagio fin dalle prime battute, ma ostentando sicurezza ed aggressivita'. Al passo falso della Bignardi che storpia per errore il nome di un politico del passato, tale Brondolini, fa scattare l'intervistato che inizia ad insultare l'intervistatitrice e a battibeccare come un bimbo stizzito. Scena grottesca, ma rivelatrice dell'arroganza gia' mostrata dal ministro gia' evidente nel compiacimento dei risutati raggiunti nel castigare gli statali, mi stupisce che non abbia nemmeno un pensiero, nemmeno una parola per gli onesti che subiscono le stesse norme capestro dei disonesti, ma si' facciamo pure di tutta l'erba un fascio, tutti in prigione e che gli serva da lezione. La sua tesi non detta ma evidente e' che *tutti* gli statali, per definizione sono disonesti e meritori di pagare. Eppure il ministro ha coorti di fans agguerriti, non solo il 45000 su YouTube ma sparsi ovunque. Mi viene rabbia che oggi solo chi e' arrogante consapevole o inconsapevole che sia viene apprezzato dal Barnum mediatico e viscerale. In fondo in ognuno di noi alberga un forcaiolo pronto a prendere in mano il forcone.

Passo Brescia, il traffico della A4 non ammette altri pensieri, ma anche qui scorre nervosamente verso la Laguna. Una Mini bianca e' alle mie spalle e si sposta come una trottola tra le varie corsie. Non capisco cosa voglia fare e dopo molto tempo mi fa i fari e io lo lascio passare, per poi proseguire dietro di lui. Ora ha smesso di fare lo zig-zag e la prima volta che ci prova ritorna alle mie spalle, peccato io mi debba incolonnare verso Verona Nord.

Ultimi 70 km con i TIR che viaggiano verso il Brennero, la valle dell'Adige si stringe, sui ponti lo guardo, anche lui minaccia, ma incassato nel suo letto e poco temibile sembra.

Ci supera un treno di vagoni porta automezzi completamente vuoto e vien da pensare quando mai in Ialia si potra' spostare del traffico da ruota su rotaia, forse mai, meglio costruire opere faraoniche.

Piove nuovamente a dirotto, ma passo Rovereto e poi poco a poco arrivo alla meta Trento Centro.

I Bastards

Gia' all'arrivo in albergo frotte di persone dirette verso il centro, mi dicono sia un concerto questa sera.

Esco per andare a cena e la Piazza del Duomo e' un muro di persone e di ombrelli, piove come non mai. Io mi incastro con gli altri fino a scoprire che la piazza e' interrotta dalla sicurezza e che devo allontanarmi in un vicolo.

Al ritorno da cena ripercorro a ritroso e mi ritrovo in piazza con la musica che romba e l'energia frizza tra le cupole variopinte degli ombrelli.

Il palco illuminato e' visibile, ma dietro al mare di ombrelli che impedisce di vedere i cantanti ed anche i due maxi schermi sono quasi muti e fissi sul logo di X-Factor.

Vago allora tra le persone nella piazza, nessuna speranza di trovare riparo sotto i portici ormai
gremiti di persone. Il DJ Francesco scherza con i cantanti e con il pubblico, ora canta Noemi. Mi avvicino alla fontana transennata e poi indietreggio fino alla larga via Balenzani. Guardo le persone piu' disparate: coppie allacciate che condividono lo stesso ombrello, gruppi di adolescenti che trasmigrano da punto a punto, adulti assorti e concentrati, capisco poi, forse in attesa dei loro figli adolescenti, coppie attempate e single come me, genitori che con buffe mosse cercano di restare agganciati ai figli piccoli tenendoli per il cappuccio della mantellina o per un braccio o per l'ombrello, mamme con figli pre-adolescenti, ragazze con capelli fradici incollati al viso, due polizziotti che chiacchierano indifferenti con il basco in testa.

Attendo, per sentire i Bastard Sons of Dioniso, ma non arrivano, esce pero' Jury, un ovazione lo accoglie mentre intona la sua canzone e con lui al ritornello cantano molti dei presenti. Noto alcune ragazze che ondeggiano al ritmo della musica, poi guardo meglio anche la moltitudine delle cupole degli ombrelli che mi separano dal palco ondeggiano a tempo. Resto incantato.

Mi sposto ed indietreggio aspetto ancora un paio di cantanti sconosciuti e poi mi dirigo verso l'albergo, niente Bastards, pecccato. Loro era di casa qui a Trento, sono dalla Valsugana. Sono fradicio anch'io e devo ancora lavorare un poco. L'indomani leggo i giornali trentini, erano 8000 persone, forse meno del previsto.