Il naso mi colava (polvere? polline?) e faceva caldo nel soppalco della camera che ospitava me e la mia famiglia al monastero Dominus Tecum di Prà 'd Mill. Guardo l'ora, sono quasi le quattro, allora scendo, mi rivesto, esco e scendo in Chiesa. La notte è quieta e serena, tutto sembra tacere, anche i cani dormono nel prato, ma la percezione è di una vita incessante anche sotto il chiarore delle stelle.
La chiesa è buia, solo due candele e il chiarore dei monaci fermi in attesa. Uno ad uno entrano e si fermano un momento davanti alla parete di nuda pietra e al grande crocefisso di legno scavato, poi prendono posto nel coro.
Siamo al completo, si accendono le luci nel solo coro, io mi sposto in prima fila dietro le loro schiene. Inizia la Vigilia. L'invitatorio, poi il I Notturno (Sal 21-25) il brano dell'Esodo della Pesach, delle moltitudini che partono, dei pani azimi e della ripetizione che solo i circoncisi possono partecipare e mangiarne. Prima mi sembra strano, poi penso che anche per noi solo i battezzati possono mangiare il pane e bere al calice. Per loro un segno nella carne, per noi una rigenerazione dallo Spirito.
II Notturno (Sal 26-31), ora un'omelia di Sant'Agostino con metafora della mietitura sulle distinzioni tra ebrei, apostoli e credenti. Paolo. Poi l'antifona, l'inno. La luce inizia filtrare dalle vetrate e dal basso campanile vetrato. Il Vangelo, l'invio dei settantadue discepoli, i calzari, il fango, ora le polveri sottili. Il Te Deum con le note basse e profonde del medioevo gregoriano. Le invocazioni.
Lascio i monaci che spenta la luce si spargono per la chiesa per trascorrere del tempo a meditare. Io torno in camera per guadagnare ancora un paio d'ore del mattino al sonno e penso al valore di luoghi come questo, del loro antico respiro che tiene un lume acceso nelle nostre vite complicate, che ridona un tempo al nostro tempo. Grazie Signore, grazie fratelli e amici.
Paolo (04.07.2010)
La chiesa è buia, solo due candele e il chiarore dei monaci fermi in attesa. Uno ad uno entrano e si fermano un momento davanti alla parete di nuda pietra e al grande crocefisso di legno scavato, poi prendono posto nel coro.
Siamo al completo, si accendono le luci nel solo coro, io mi sposto in prima fila dietro le loro schiene. Inizia la Vigilia. L'invitatorio, poi il I Notturno (Sal 21-25) il brano dell'Esodo della Pesach, delle moltitudini che partono, dei pani azimi e della ripetizione che solo i circoncisi possono partecipare e mangiarne. Prima mi sembra strano, poi penso che anche per noi solo i battezzati possono mangiare il pane e bere al calice. Per loro un segno nella carne, per noi una rigenerazione dallo Spirito.
II Notturno (Sal 26-31), ora un'omelia di Sant'Agostino con metafora della mietitura sulle distinzioni tra ebrei, apostoli e credenti. Paolo. Poi l'antifona, l'inno. La luce inizia filtrare dalle vetrate e dal basso campanile vetrato. Il Vangelo, l'invio dei settantadue discepoli, i calzari, il fango, ora le polveri sottili. Il Te Deum con le note basse e profonde del medioevo gregoriano. Le invocazioni.
Lascio i monaci che spenta la luce si spargono per la chiesa per trascorrere del tempo a meditare. Io torno in camera per guadagnare ancora un paio d'ore del mattino al sonno e penso al valore di luoghi come questo, del loro antico respiro che tiene un lume acceso nelle nostre vite complicate, che ridona un tempo al nostro tempo. Grazie Signore, grazie fratelli e amici.
Paolo (04.07.2010)
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