Wednesday, August 11, 2010

Ground Zero 2010

Siamo in tre questa mattina, ultimo giorno prima del ritorno a casa. Siamo Davide, Enrico ed io, la meta delle ultime ore a New York è Lower Manhattan nei pressi di Ground Zero, staremo là un po', faremo qualche foto e poi ci divideremo. Loro per un giro in bici sul ponte di Brooklyn, io per visitare il Memorial 9/11 e per ricordare quel 11 settembre di nove anni fa.


Arrivati in metropolitana, scattiamo alcune foto. Il grande isolato, lo squarcio lasciato dall'attentato, è un cantiere con gru, operai e camion che entrano ed escono. L'altezza è quella del suolo, solo le fondamenta sono terminate e poco più. Un edificio che poi scoprirò essere il basamento del futuro grattacielo One World Trade Center (o Freedom Tower). Noi facciamo un giro da Vesey Street dove al numero 20 ha sede il Preview Site, un ufficio dove si vede il plastico del futuro quartiere, i progetti, soprattutto del Memorial&Musem, una fontana rettangolare cche scende a cascata su un lago sottostante, sul parapetto di marmo i nomi delle quasi 3000 vittime degli attentati dell'11 settembre (a NY, Washington e Shanksville PA per la caduta del UA-93).



Proseguiamo per Church Street per fermarci in un negozio e poi pranzare da TGI Friday, quindi ci separiamo. Io ritorno verso Liberty Street dove sede il Tribute WTC Center Site. Qui si acquista il biglietto per un tour con audioguida e poi una mostra che visiterò dopo. Prendo le cuffie dopo una coppia americana, ma presto ci separiamo e perdiamo durante il percorso. Subito dopo il Center, sempre in Liberty, ha sede una stazione dei pompieri con i camion rossi cromati, all'angolo si svolta in Greenwich Street, dove è presente una lapide con le foto dei 350 pompieri morti durante il crollo delle torri, coloro che erano troppo in alto e i tanti che al comandi di uscire si sono rifiutati di obbedire ed hanno proseguito. Di fianco un bassorilievo in rame con le torri ed i pompieri.



Proseguo e svolto in Albany Street costeggiando il cantiere, la voce della guida descrive via via i concitati momenti di quella giornata, raccontati da protagonisti, poi pause per raggiungere un altro punto ove proseguire con l'ascolto. Raggiunta la West Side Highway si sale su una scala per raggiungere un corridoio sopraelevato e di lì si inizia a vedere il cantiere, ma il racconto parla delle torri, di dove erano posizionate, la Torre Sud e la Torre Nord ora scomparse. Io le avevo visitate nel 1993, mia prima visita negli USA, ricordo l'ascensore che toglieva il fiato per portarti al novantottesimo piano e la vista incredibilie verso il basso e verso l'altra torre.



Il bianco corridoio conduce all'ingresso dell'edificio WTC 1 rimasto molto danneggiato dal crollo delle torri, ma riaperto dopo pochi anni. I resoconti dei protagonisti sono commoventi, raccontano di persone scappate o richiamate di corsa per andare a soccorrere. Passata la porta di WTC 1 si giunge ad una sala ottagonale con una strana scala circolare in mezzo, tutto marmo lucidissimo. Per guardare dalle finestre più agevolmente delle panche di marmo verde, io mi siedo guardo le gru e gli operai di fronte a me. E' il turno della voce narrante che accompagna il tour, lui è un pompiere in pensione, era a casa quella mattina e ricevette una chiamata concitata dal figlio, pompiere in servizio, che lo invitava ad accedere subito la televisione e termina che quella fu l'ultima volta che sentì la voce del figlio. Le lacrime mi hanno rigato il volto e sono rimasto a lungo a guardare l'enorme cantiere e ripensare al cielo azzurrissimo di quella mattina di settembre.



Proseguendo si passava poi all'edificio adiacente WTC 2 e di lì ad un immenso atrio interno il Winter Garden, tutto in marmo con colonne altissime e palme all'interno. L'enorme vetrata era esplosa dall'onda d'urto provocata dal crollo, poi ricostruita. Anche qui un'ampia vetrata verso il cantiere. E poi quel bambino la cui madre e padre sfuggiti al crollo ma bloccati nel Lower Manhattan per poter essere evacuati in battello, lui che è rimato solo ad attendere i genitori all'uscita dalla scuola, poi aiutato dagli insegnati fino all'arrivo del nonno e la certezza di essere rimasto orfano. Invece no, i genitori sono arrivati dopo quattro ore, incolumi. E tanti altri frammenti di vite spezzate o salvate dal destino, da dove ti trovavi in quell'istante. Il racconto di un pompiere all'esterno dell'edificio quando ha visto crollare la torre ed è stato investito dalla densa nube che toglieva il fiato ed essere rimasto tramortito fino a quando qualcuno l'ha strattonato e trascinato via.


Ascolto guardando ora l'interno del Winter Garden a lato di una scala a cerchi concentrici che sale verso il piano rialzato dove sono io, vedo una ragazza che taglia l'atrio, ha un tailleur nero, capelli neri lunghi e lucenti che ondeggiano mentre sale veloce la lunga gradinata, ha in mano un sacchetto di carta, immagino il pranzo, nell'altra una borsa da ufficio; salendo tiene la bocca lievemente aperta, poco dopo mi passa di fianco spedita, con tacchi a spillo ondeggiando in avanti con eleganza. Penso a quante persone come lei, sono andate un mattino in ufficio per non tornare più a casa, oltre 2600 nel crollo di queste torri..


Ritorno sui miei passi ascoltando i racconti del dopo, di chi ha atteso invano per tutta la notte dell'11 e poi convincersi che i propri cari non sarebbero più tornati. Quelle 1600 persone sono state identificate finora, scomparse in un boato durato meno di dieci secondi. Dei funerali senza bara e di quelli con la bara praticamente vuota. Ripenso al silenzio della nube che ha offuscato il cielo per chilometri, al fuoco che è bruciato per settimane, all'acre odore di disinfettante misto alle polveri, alla rimozione penosa della macerie, alla ricerca di frammenti, anche solo frammenti di vite spezzate. Io vidi Ground Zero se non ricordo male nell'estate del 2002 o forse 2003. Gli edifici rimasti sembravano bombardati come a Beirut, come a Kabul e Baghdad oggi.

La voce ora parla dell'associazione che ha promosso l'idea di ricordare le vittime creando il Memorial che verrà inaugurato il prossimo anno. Questa visita fa parte delle loro attività.

In ultimo ho visitato la mostra con alcune teche (un oblo deformato, una trave di acciaio, pochi altri oggetti impolverati, poi migliaia di fotografie, le piastrelle, i disegni dei bambini, la possibilità di condividere un pensiero.

Sì, è tempo di ricordare, di ritornare su quel 9/11 e continuare a cercare di capire. Io ho già letto il Rapporto ufficiale ed ora ho comprato un paio di altri libri per leggerli nel corso del prossimo anno.

La memoria deve restare.

Tuesday, July 6, 2010

Vigilia


Il naso mi colava (polvere? polline?) e faceva caldo nel soppalco della camera che ospitava me e la mia famiglia al monastero Dominus Tecum di Prà 'd Mill. Guardo l'ora, sono quasi le quattro, allora scendo, mi rivesto, esco e scendo in Chiesa. La notte è quieta e serena, tutto sembra tacere, anche i cani dormono nel prato, ma la percezione è di una vita incessante anche sotto il chiarore delle stelle.

La chiesa è buia, solo due candele e il chiarore dei monaci fermi in attesa. Uno ad uno entrano e si fermano un momento davanti alla parete di nuda pietra e al grande crocefisso di legno scavato, poi prendono posto nel coro.

Siamo al completo, si accendono le luci nel solo coro, io mi sposto in prima fila dietro le loro schiene. Inizia la Vigilia. L'invitatorio, poi il I Notturno (Sal 21-25) il brano dell'Esodo della Pesach, delle moltitudini che partono, dei pani azimi e della ripetizione che solo i circoncisi possono partecipare e mangiarne. Prima mi sembra strano, poi penso che anche per noi solo i battezzati possono mangiare il pane e bere al calice. Per loro un segno nella carne, per noi una rigenerazione dallo Spirito.

II Notturno (Sal 26-31), ora un'omelia di Sant'Agostino con metafora della mietitura sulle distinzioni tra ebrei, apostoli e credenti. Paolo. Poi l'antifona, l'inno. La luce inizia filtrare dalle vetrate e dal basso campanile vetrato. Il Vangelo, l'invio dei settantadue discepoli, i calzari, il fango, ora le polveri sottili. Il Te Deum con le note basse e profonde del medioevo gregoriano. Le invocazioni.

Lascio i monaci che spenta la luce si spargono per la chiesa per trascorrere del tempo a meditare. Io torno in camera per guadagnare ancora un paio d'ore del mattino al sonno e penso al valore di luoghi come questo, del loro antico respiro che tiene un lume acceso nelle nostre vite complicate, che ridona un tempo al nostro tempo. Grazie Signore, grazie fratelli e amici.

Paolo (04.07.2010)

Monday, June 14, 2010

CATS - Dietro le Quinte


Riprendo le note con il resoconto di uno spettacolo per bambini di una scuole dell'Infanzia di Fossano, Italy.


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Lunedì 7 giugno abbiamo vissuto un giorno di passione, di strizza e di felicità. L'agitazione non era proporzionata all'evento: spettacolo per i nostri figli, per quel centinaio di loro compagni alla scuola dell'infanzia e per una folla di genitori, nonni ed affini.


Lo spettacolo però era complesso, una riduzione del musical Cats. Eravamo una famiglia di una ventina di gatti scatenati nel ballare, cantare e fare scherzi. Il tempo ci ha fatti penare, per ben quattro volte in due giorni si è smontato e rimontato l'impianto di amplificazione per spostarci da un cortile ad un salone e viceversa.


Io, a dire il vero, mi sentivo particolarmente coinvolto. Mia la proposta di questo spettacolo a genitori piuttosto perplessi fatta a gennaio. Mio il lavoro di ricucire e rifinire la sceneggiatura composta da contributi di vari genitori. Mia la scelta di restare il più possibile aderenti alla versione originale prendendo musiche, movimenti, parole e sincronismi. Per noi impacciati, scoordinati e stonati. Agli occhi di tutti sembrava un'impresa impossibile, lo era anche per me, ma non doveva trasparire. Non potevo cedere, non lo volevo e non so bene perché. Che cosa mi abbia affascinato quell'unica volta che lo vidi e poi le innumerevoli volte che ho rivisto il DVD.


I tempi erano stretti, decisione a fine gennaio, sceneggiatura pronta a inizio marzo, soli tre mesi per provare e giungere lunedì scorso alla prima (e forse unica edizione). Ormai lo sapevo, le prove fino all’ultimo sarebbero state un disastro, ma fondamentali per permetterne la riuscita. Nessuno ricordava le battute, neanche io. Però fin da subito una luce si è accesa negli occhi di coloro che cammin facendo si sono aggregati. Tutti avevano accettato la sfida.


Poi i costumi, bravissima Stefania, partendo da tute bianche alla RIS di Parma, dipinte a bomboletta fino a diventare felinamente e variatamente maculate, poi gli accessori: orecchie, cambaletti, code, nasi da topo e corpetti da scarafaggio.


E il faticoso taglia e cuci di parole, gesti e musiche, quasi un incubo. Qui l'artefice massimo è stato Enrico che ha fatto miracoli per far combaciare i tempi delle musiche bellissime di Broadway alla nostra recitazione incerta e zoppicante. Anche la trasmissione Amici ci ha aiutato, infatti avevano proposto una versione italiana della canzone Memory (Giulia Ottonello), cantata in inglese originariamente da Elaine Page e poi da Susan Boyle su YouTube.


Un monumento a Claudia che ci ha ospitato, settimana dopo settimana, nel piano superiore del suo capannone per spruzzare e provare. Costante la presenza della piccola Arianna ed il piccolo Alessandro di Simona che ci hanno accompagnato tra una poppata, un pianto ed un sonnellino, per tutte le prove. Temo subiranno dei traumi permanenti dopo questa avventura.
Venerdì e sabato erano trascorsi alla frenetica ricerca del mixer essendo in riparazione quello della Corte dei Folli. Infine domenica il ritrovo, finalmente a scuola, per montare la scena minimalista sul palco del Comune già pronto in cortile e poi duplicata nel salone essendo elevata la probabilità di pioggia per lunedì mattina. Cavi da collegare, microfoni da provare, e ancora le due ultime prove finali. La prima pessima, interrotta dalle mie urla di disappunto e di incitamento. La seconda senza interruzione nel salone indossando i costumi. Io mi ero arreso, che andasse come doveva andare. Di certo il Ballo Jellicles iniziale era migliorato costantemente, ormai tutti sapevamo quando avremmo dovuto cantare e come poi ballare in sincronia.
Stanchissimi, ma allegri nella cena in pizzeria a notte fonda in dodici più gli immancabili due pargoli. Ultimo in bocca al lupo, per una notte in cui il sonno non voleva arrivare, fino a sentire il ticchettio della pioggia e poi il canto degli uccelli mattutini. Una doccia bollente con occhiaie profonde e l'ansia di aver ormai varcato il nostro piccolo Rubicone.


Ho accompagnato mia figlia a scuola per attendere l'arrivo del primo gruppetto di gatti ed andare a fare una colazione di buon auspicio. Eccoci quindi all'ultima ora. Il cielo scuro e minaccioso che invitava a restare al chiuso, la spola dentro e fuori per leggere segni di miglioramento, il punto di non ritorno era a venti minuti dall'inizio della festa. Ad un certo punto vedo che le bidelle stanno portano fuori le panche ed i teli per far sedere i bambini. Ho chiesto loro e mi hanno diretto alle maestre, a loro la richiesta se si rendevano conto che la pioggia averebbe rovinato tutto non essendo possibile poi smontare e rimontare l'impianto acustico in poco tempo. Benché non convinto ho dato il via a portare tutto nuovamente fuori, mentre a turno venivamo truccati con cerone, baffi e capelli arruffati (eccoci qui, poco prima dello spettacolo).


Gli ultimi minuti sembrano eterni, gesti impazienti, sguardi persi, parole che scompaiono in un blank della memoria, sudore. Eravamo tutti ammassati dietro la scena ad attendere il discorso di accoglienza che non arriva mai, l'ingresso ordinato dei bambini con magliette coordinate con il colore della sezione e orme felpate sul dorso. Noi a sbirciare dal tendone la folla che creava un brusio di fondo ed individurare i nostri figli. Poi di colpo inizia la musica e la voce di Laura che recita il prologo, noi già pronti ad entrare ai lati del palco, con il cuore in gola e le mani sudate. Cambia musica e dei brevi fraseggi danno il via agli ingressi di tutti i gatti accucciati sparsi per la scena, io sono l'ultimo, dopo un tintinnio mi sollevo in piedi e grido la prima strofa. La macchina è partita e non si fermerà, nè amnesie, nè intoppi lo potranno fare.

È incredibile come dopo tanta attesa tutto avvenga in un attimo. Le scene inziate terminano in un lampo, chi entra in scena è già fuori a chiedere come è andata, la risposta è sempre la stessa: benissimo, i bimbi ridono ed i genitori applaudono. Le parole, i gesti, la musica, tutto scorre come un fiume. Via Genni Millepunti, poi Tiramolla, Mefistofele con le folate di fumo bianco e Gattatic/Gattotac, con Bombalurina, Etcetera, Exotica, Cassandra, Demetra, Jellylorum, Victoria, Shimbleshanks ed Munkstrap (io). Ci ritroviamo tutti insieme nei due intermezzi quando sono i bambini a cantare e sorridiamo felici, rileggiamo frenetici le prossime battute che non vogliono restare a mente.


Nella scena finale siamo tutti accucciati e Grizabella inizia a cantare Memory (in playback al microfono fuori scena è Cristina con l'aiuto di Rebecca). La canzone è bellissima e commovente, gli applausi scrosciano più volte, Victoria si alza e simula una danza per far tramontare la luna e sollevare il sole nascente prima del duetto finale. Bellissimo, poi le parole di Vecchio Matusa per eleggere Grizabella sua sostituta e l'ultimo accenno al ballo scatenato per uscire di scena. Rientro solo io per le parole finali, ripulite da moralismi e melensità, che cercano di concludere come TS Eliott. Risate dei bambini. È fatta!


Un fragoroso applauso meritato da tutti, anzi a noi basta la gioia di questo istante donato e ricevuto.


Paolo (07.06.2010)