Domenica visita alla Fiera del Libro di Torino, enorme come sempre, fiumane di persone, un vociare di fondo molto fastidioso, ma pile di libri ovunque, edizioni mai sentite dai rosacroce, alla cucina, all'arte, molte editrici per bambini.
In attesa di Lella Costa abbiamo aspettato nella Sala Azzurra una dotta lezione sulle eredità artistiche Egiziane nell'arte Rinascimentale, fino alla pubblicità dei giorni nostri, peccato non avessimo capito che serviva il biglietto per l'incontro successivo, motivi di sicurezza, per cui ci hanno cacciati per poi entrare dopo la coda, inosservati, e sederci in un angolo defilato.
Lella Costa, irrefrenabile, un fiume di parole e di umorismo, forse troppo fino ad intimorire la scrittrice catalana Alicia Giménez-Bartlett per presentare l'ultimo romanzo "Il Silenzio dei Chiostri", Sellerio. Noi non avevamo letto nulla, mentre la sala era ricolma di fans, soprattutto donne toccate dalle vicende della protagonista, ispettrice, Petra Delicado e poi le sue vicissitudini amorose e l'affetto per Fermin Garzòn con cui imperterriti si danno del lei, come abbiamo capito si usa in polizia tra persone di ranghi diversi.
Molte le domande del pubblico dove i maschi venivano infiorettati da Lella Costa, soprattutto quello che ha osato scendere in difesa di Sonia, collega che Petra non sopporta per nulla, Lella Costa ha augurato a chi faceva la domanda di sposare una come Sonia, risate.
Siamo usciti con il romanzo in mano, lo leggeremo quest'estate.
Venerdì mi è spiaciuto molto aver perso Marco Belpoliti parlare de Il Corpo del Capo, peccato. Nemmeno Eco, Orhan Pamuck e tantissimi altri scrittori accorsi a questa kermesse.
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Alla fiera ho comprato altro libro su Auschwitz, la riflessione sugli intellettuali di Jean Amery, nato a Vienna, ebreo, poi emigrato in Belgio e unitosi alla resistenza arrestato nel 1943 e torturato dalle SS per poi finire in vari campi di concentramento fino ad Auschwitz dove dice di aver vissuto nella stessa baracca di Primo Levi, da parte sua incerto su questa testimonianza.
Ora leggerò la tesi di Amery, criticata ad Levi negli anni '70.
Ho appena terminato di leggere un libro molto bello dell'autrice Françoise Carasso, "Primo Levi. La Scelta della Chiarezza.", Einaudi, PBE Mappe. L'autrice presenta soprattutto la scrittura di Levi, riconducendola alla sua vita, capace di cogliere sfumature e prospettive molto interessanti.
Il libro ripercorre la vita di Levi e ne scandaglia la genesi della scrittura, la gestazione di Se Questo è un Uomo, nello smarrimento del paventato ritorno a casa, alla vita, dal campo di sterminio. Il suo ruolo di testimone cresciuto negli anni. La scrittura del ritorno ne La Tregua, con una maggiore sicurezza nella propria scrittura. L'importanza del suo mestiere di chimico, il ruolo morale nel cercare la chiarezza, la semplicità per comunicare e quindi la critica verso lo scrivere oscuro teorizzato da altri scrittori. Le poesie (vedi al fondo) sgorgate per prime dal ritorno dal lager e addensatesi in due momenti storici, i primi anni dopo il ritorno e nei primi anni 1980, sempre vista con sospetto da Primo Levi, quasi come una necessità non capita, dalla parte del suo lato oscuro.
Poi il ruolo di intellettuale, gli innumerevoli incontri con i giovani per spiegare e rispondere, mi sembra di aver partecipato anch'io ad uno, ne sono quasi certo. Poi ancora il dolore del risorgere del negazionismo, della sensazione di non essere più capito, fino al suo secondo capolavoro per me, I Sommersi e I Salvati, in cui ritorna a distanza di quarant'anni per ragionare sulla vita nel campo di concentramento offrendo delle riflessioni di un rigore e di una profondità che colpiscono. Un lucido sguardo negli occhi di Medusa. Fino alla tragica fine avvenuta l'11 aprile 1987 nell’androne della casa in cui ha vissuto per tutta la vita.
Il libro di Carasso è importante anche per i paralleli e le tante citazioni di intellettuali, tra cui La Specie Umana di Antelme, L'universo Concentrazionario di Rousset e i molti scritti di Hanna Arendt sulla banalità del male ed il totalitarismo.
Non so perché Primo Levi tocca delle corde profonde dentro di me, forse perché di formazione scientifica, forse per la riflessione morale o forse perché anch'io temo che ciò che è successo, possa capitare ancora.
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Shemá [Ascolta]
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi, 10 gennaio 1946
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13 years ago
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